Interventi chirurgici

L’obiettivo primario dell’intervento chirurgico è individuare, chiudere e recidere la fistola, laddove sia presente, per evitare che saliva e altri liquidi vadano nella trachea, nei bronchi e nei polmoni determinando infezioni respiratorie. Il secondo obiettivo è di collegare i due monconi dell’esofago per permettere il transito del cibo.

In base alla distanza (spesso definita col termine inglese “gap”) tra i due monconi, che viene misurata in cm o meglio in spazi vertebrali, il chirurgo valuterà la possibilità ed il momento migliore per effettuare l’intervento: immediatamente o dopo qualche tempo).

Una volta fatta l’incisione sul torace, il chirurgo sposta i fasci muscolari ed accede all’interno del torace per cercare la fistola (nei casi in cui sia presente) legarla e reciderla, separarando definitivamente esofago e trachea. Poi cercherà di isolare il moncone (tasca) superiore per aprirlo e collegarlo a quello inferiore proprio come si fa con due tubi dell’acqua. Questa giunzione, che fa il chirurgo, si chiama anastomosi. L’anastomosi primaria, cioè il collegamento al primo intervento, è possibile nella maggior parte dei casi. Grazie ai progressi della chirurgia pediatrica e della terapia intensiva neonatale, le possibilità di sopravvivenza per i nostri piccoli sono ottime.

Grazie alla collaborazione con il centro di formazione Lab Creation abbiamo a disposizione alcune animazioni in 3D che ci aiutano a visualizzare, in maniera semplificata, i principali tipi di interventi di correzione dell’AE:

 

Ed ecco come si presenta l’esofago a seguito della correzione.

anastomosi
Come si presenta l’esofago dopo l’intervento di anastomosi

In questa presentazione dell’equipe di chirurgia pediatrica della Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano viene illustrata l’evoluzione delle tecniche chirurgiche principali per la correzione dell’atresia esofagea.

 

Il Long Gap

In un numero piuttosto limitato di casi (circa il il 10%) la distanza viene considerata troppo ampia (long gap) per effettuare immediatamente l’anastomosi. Per questi interventi più complessi è importante che i genitori chiedano che tipo di opzioni sono disponibili per correggerla e a quali rischi vanno incontro. Trattandosi di casi molto rari, solo pochi centri hanno un’esperienza ampia e documentata con risultati soddisfacenti. E’ un diritto e anche un dovere dei genitori, nell’interesse del bambino, chiedere eventualmente più di un parere presso i centri ospedalieri maggiori in Italia.

Al momento non esiste una definizione condivisa di long gap nè un protocollo standard per la misurazione. Qui potete trovare un articolo sulla definizione di long gap della società australiana di chirurgia e qui invece una pubblicazione sulle tecniche chirurgiche.

Nel trattamento del long gap non esiste al momento un protocollo chirurgico condiviso a livello internazionale. In linea di principio l’obiettivo è di preservare l’esofago stesso, metendolo in trazione e tensione, per cercare di collegare i monconi. Per fare questo, vengono usate tecniche come la Kimura, o la Foker. In questa presentazione del dott. Antonino Tramontano si illustra come funziona la tecnica di Fokker e con quali risultati è stata utilizzata negli anni.

Nei casi in cui l’allungamento non sia ritenuto proponibile o non abbia portato ai risultati sperati , viene proposto di utilizzare un altro organo, lo stomaco (interposizione gastrica) oppure un tratto di intestino: il colon (interposizione colica) oppure il digiuno (interposizione digiunale) portandolo in torace per fare da ponte tra i due monconi dell’esofago troppo distanti per essere uniti direttamente.

Tutte queste tecniche hanno effetti collaterali importanti di cui i genitori devono essere consapevoli e per i quali è importante che possano fare una scelta informata. Chiedere a più di un chirurgo è importante per confrontare i pro e contro di ciascun tipo d’intervento.

In quasi tutti i casi di long-gap, poiché l’intervento non viene eseguito immediatamente alla nascita, al bambino viene praticata una gastrostomia (foro nello stomaco) per posizionare un tubicino che consente di alimentare il bambino direttamente nello stomaco, mentre la saliva sarà costantemente aspirata. tramite un sondino naso-esofageo. In casi selezionati e motivati il chirurgo può proporre e decidere di procedere ad un “abboccamento” al collo (esofagostomia cervicale) del moncone esofageo superiore per lasciar fluire la saliva liberamente all’esterno. Questo intervento, che pur facilita la gestione immediata del bambino, deve essere quando possibile evitato poiché rende più difficile arrivare ad una correzione dell’esofago diretta (senza l’utilizzazione un altro organo per colmare la distanza o gap).