Il genetista risponde ai dubbi sollevati dal servizio de “Le Iene” sulla relazione tra glifosato e atresia esofagea

Il servizio de Le Iene andato in onda domenica 17 dicembre che raccontava la storia di Theo, affetto da varie patologie malformative, tra cui l’atresia esofagea, ha sollevato molte domande. Per cercare di capire meglio se esistano prove di una correlazione tra fattori ambientali, come l’esposizione al glifosato, e la nascita di bambini affetti da malformazioni come l’AE, abbiamo fatto alcune domande al dott. Marco Castori, genetista, attualmente direttore dell’UOC di Genetica Medica dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza.

In passato il dott. Castori ha partecipato ad un nostro incontro in cui ha avuto modo di presentare alcuni suoi studi sulla VACTER e di rispondere alle domande di tanti genitori sulle cause dell’AE e sui possibili rischi di ereditarietà.

Molto gentilmente il dott. Castori ci ha inviato le sue risposte, che, come capita spesso in questi ambiti, chiariscono alcuni aspetti, ma lasciano ancora aperte molte domande.

1. Dott. Castori, ci può descrivere brevemente la sua esperienza di ricerca in materia di atresia esofagea e malformazioni associate?

Sono un Genetista Medico che da sempre si è interessato agli aspetti clinici della Disciplina. Pertanto, la mia esperienza riguarda essenzialmente il contatto con il paziente e la realizzazione di progetti di studio e ricerca per problemi di interesse sanitario. L’atresia esofagea è un difetto congenito ed, in quanto tale, riveste interesse per la Genetica Medica.

Per quanto attualmente noto, la teoria sull’origine dei difetti congeniti identifica tre possibili fattori causali: mutazioni genetiche, effetti teratogeni di sostanze assunte o patologie materne, eventi casuali (detti “stocastici”). Nei difetti isolati, come un bimbo che nasce con atresia esofagea in assenza di altre anomalie, l’origine è spesso presunta. In altre parole, al momento, è difficile avere a disposizione dati clinici ed individuare indagini di laboratorio in grado di identificare con certezza la causa del problema. Infatti, in assenza di un quadro clinico complesso che indichi una sindrome genetica specifica, per la quale sia disponibile un test genetico di conferma, è di fatto impossibile individuare la causa molecolare del problema.

Anche quando è stata registrata l’esposizione ad un teratogeno già associato al difetto congenito in esame ed essa sia avvenuta nella finestra temporale critica di sviluppo embriofetale, la diagnosi è quasi sempre di natura probabilistica. Fino al mio recente trasferimento presso l’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza dove ora ho l’onore di dirigere la UOC Genetica Medica, mi sono in parte interessato alla condizione clinica nota come “associazione VACTERL”. L’associazione VACTERL e le aneuploidie cromosomiche sono le condizioni sistemiche più frequentemente associate ad atresia esofagea.

La prima definisce la combinazione non casuale, registrabile alla nascita con una frequenza di circa 1 individuo ogni 12.500, di anomalie vertebrali, atresia anale, cardiopatia fistola tracheoesofagea, anomalie renali e difetti agli arti. Le cause dell’associazione VACTERL, come quelle dell’atresia esofagea isolata, sono in larga parte ignote. Negli scorsi anni ho avuto modo di interessarmi al problema in quanto possibile manifestazione dell’embriopatia diabetica. Per quanto riguarda le aneuploidie cromosomiche ho avuto modo di studiare lo sviluppo dello scheletro assiale nella fase di sviluppo embriofetale in queste condizioni. Come noto, lo sviluppo delle strutture mediane, come le vertebre, l’esofago e la trachea, sottostà a meccanismi morfogenetici simili e primitivi. Per questo, le strutture mediane sono le prime a definirsi durante lo sviluppo intrauterino.

2. In base alla sua esperienza, si può dire ad oggi quale sia la causa dell’atresia esofagea?

E’ verosimile l’affermazione secondo la quale l’atresia esofagea è un difetto congenito che riconosce più cause, le quali spesso restano “senza nome” nel singolo paziente, soprattutto quando il difetto si presenta “in forma isolata”. Capovolgendo il concetto, è possibile identificare la causa dell’atresia esofagea solo se essa si combina ad altre anomalie o caratteristiche somatiche tali da suggerire una sindrome genetica specifica, per la quale sia disponibile un test genetico di conferma.

Con l’avvento nella pratica clinica delle nuove tecnologie di sequenziamento del DNA che permettono lo studio di decine di geni simultaneamente o persino dell’intero genoma, è possibile raggiungere una diagnosi molecolare in un numero significativamente più elevato di casi rispetto al recente passato.

Tuttavia, al momento, non sono stati ancora individuati “geni maggiori” e quindi analizzabili in ambito sanitario associati all’atresia esofagea.
3. Ci sono prove scientifiche  per affermare che l’atresia esofagea sia causata da fattori ambientali come l’esposizione a pesticidi tipo il glifosato?

Sono ad oggi disponibili molte osservazioni scientifiche che indicano un’associazione non casuale tra aumento della frequenza di difetti congeniti alla nascita nella rana e nel pollo. Molto meno consistenti sono tuttavia i dati di associazione nell’uomo. Un recente lavoro di revisione, scritto da Aruajo e collaboratori sulla rivista BMC Public Health (2016), conclude che i dati attualmente disponibili non permettono di generalizzare sull’uomo quanto osservato negli animali. Ovviamente, la scarsità ed i limiti degli studi pubblicati rendono ancora preliminari i dati attualmente disponibili sul presunto nesso tra difetti congeniti ed esposizione a glifosato nell’uomo. Solo ricerche future potranno tentare di rispondere in modo convincente e possibilmente definitivo a questa domanda.
4. In generale, ci sono studi che danno evidenza alla correlazione tra fattori ambientali e malformazioni genetiche?

In senso stretto, un fattore ambientale influenza la comparsa di malformazioni di natura “genetica” solo quando esso agisce durante la “gametogenesi”, ovvero il processo di sviluppo e maturazione di ovuli e spermatozoi all’interno dei corpi della coppia genitoriale. In questo caso si parla di sostanze “mutagene” e non “teratogene”.

In altre parole, sostanze in grado di alterare il patrimonio genetico dello spermatozoo o dell’uovo e quindi facilitare la formazione di uno zigote (individuo) portatore di una mutazione genetica deleteria. Dati di questo tipo sono difficili da ottenere. Salvo circostanze estreme in cui la storia dell’umanità ha registrato l’esposizione prolungata a sostanze note come mutagene, ad esempio le radiazioni, in popolazioni o gruppi sociali definiti, non possediamo ancora dati trasferibili in ambito sanitario utili all’interpretazione della causa di un difetto congenito sul singolo soggetto.

Se invece ci interessiamo di ricercare il nesso tra una specifica sostanza in grado di influenzare direttamente lo sviluppo embriofetale e la frequenza alla nascita di determinati difetti congeniti, allora parliamo di sostanze “teratogene”. Una sostanza teratogena ha spesso comunque a che fare con il DNA, perché il suo effetto si può manifestare a seguito dell’interazione che la sostanza in questione ha con alcuni geni e proteine chiave. Tuttavia, questo meccanismo non ha nulla ha che fare con il patrimonio genetico ereditato dal soggetto. Capiamo quindi che i termini “genetico” e “congenito” non sono sinonimi, benché entrambi possano riferirsi a difetti visibili alla nascita.
5. Cosa pensa del caso presentato nel servizio delle Iene del piccolo Theo?

Purtroppo non ho avuto modo di seguire il caso, pertanto mi è impossibile esprimere un parere valido nello specifico.

 

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