Quarta Conferenza Internazionale sull’AE a Sydney, relazione e considerazioni di Marco Parracciani, Consigliere F.AT.E e adulto con AE

Giovedì 15 e venerdì 16 settembre si è svolta a Sydney la quarta Conferenza Internazionale sull’Atresia Esofagea, promossa dal Sydney Children’s Hospital in compartecipazione con OARA, l’Associazione di Ricerca sull’Atresia Esofagea (la “O” dell’acronimo sta per Oesophageal).

L’evento ha visto la partecipazione di un discreto numero di associazioni, soprattutto europee, “capitanate” da EAT, la Federazione Europea delle Associazioni di Atresia Esofagea e Fistola Tracheoesofagea. Anche la nostra F.AT.E. ha partecipato. C’eravamo io, Marco Parracciani, Consigliere F.AT.E. e Bernhard Warner, Consigliere F.AT.E. e membro di EAT.

 

Sono stati due giorni molto intensi di incontri e di confronto fra i principali esperti e specialisti mondiali dell’AE, che hanno contributo a consolidare alcune certezze sul trattamento chirurgico dell’AE e hanno offerto nuovi spunti per la ricerca futura sulla patologia. E’ stata inoltre ribadita l’importanza di continuare a lavorare per concordare su linee guida comuni, all’interno della comunità scientifica, su come affrontare le sfide a cui sono sottoposti i piccoli (e grandi) pazienti e le loro famiglie.

 

Il tema della conferenza (Coming Together, letteralmente “venendo insieme” ma da interpretare come “andando insieme”) è stato quindi centrato in pieno: sia da un punto di vista “ufficiale” con la presentazione delle linee guida (e questa è una bellissima novità) ESPGHAN-NASPGHAN per la valutazione e il trattamento delle complicanze gastro-intestinali e nutrizionali dei bambini con Atresia Esofagea e Fistola Tracheoesofagea (CLICCA QUI per l’abstract dell’articolo). Questo è un punto di arrivo fondamentale a cui è pervenuta la comunità scientifica internazionale che, dopo un confornto durato due anni, ha definito dei protocolli standard che tutti i medici dovrebbero seguire nel follow-up, dunque nell’assistenza di lungo periodo, dei pazienti nati con AE.

Da un punto di vista generale, il clima tra gli esperti è apparso collaborativo, rispetto a passate edizioni in cui emergevano forti divergenze e contrasti. A Sydeny abbiamo percepito una buona sintonia e un atteggiamento di condivisione.

 

La ricerca

Parte della seconda giornata è stata lasciata alle pubblicazioni dei giovani ricercatori, rappresentanti le équipe degli ospedali pediatrici presenti alla conferenza: per l’Italia il dottor Andrea Conforti, dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, ha presentato i risultati di una ricerca sulla Prevalenza di anomalie laringo-tracheali nei pazienti con AE.

La dottoressa Franziska Righini-Grunder (Canada) ha presentato un interessante lavoro dal titolo Reflusso gastroesofageo in bambini con AE: quando è il momento di sospendere gli inibitori di pompa protonica? Rispetto al campione preso in esame (78 pazienti del Justine Hospital di Montreal nati fra il settembre 2005 e il dicembre 2014) la metà dei pazienti ha potuto sostenere un trattamento discontinuo di Inibitori di Pompa Protonica, la mediana di trattamento è stata di 31 mesi. E’ stato osservato che stenosi e tracheo-malacia sono fattori portano al trattamento più prolungato e continuativo di IPP.

Al di là dei risultati delle varie ricerche, è confortante vedere come si stia andando verso un’analisi più accurata e specifica delle varie problematiche, ed è risultato chiaro che in tutto il mondo i problemi generali che affliggono i pazienti sono gli stessi, sia in Canada che in Italia, e che le domande delle famiglie agli esperti siano orami “globalizzate”.

Promuovere studi “paralleli” fra le varie nazioni è un buon modo per rispondere alle richieste delle famiglie, così come realizzare studi comuni, intra-nazionali. La strada è lunga, ma la sensazione è che questi due giorni abbiano tracciato una via.

 

Il follow-up

Una presentazione sul tema della Transition to Adulthood (transizione dall’età pediatrica all’età adulta) è stata fatta dal dottor Sebastian King (Australia), e in altre due presentazioni si è parlato di Esofago di Barrett e del rischio di cancro nell’Atresia Esofagea. In entrambi i casi non sono emerse novità di rilievo.

 

La presentazione che non ti aspetti

Nella seconda giornata di presentazioni, il professor Paolo de Coppi (italiano, professore di Chirurgia Pediatrica a capo della sezione di Medicina Rigenerativa e Cellule Staminali dell’Istituto di Salute Pediatrica di Londra) ha proposto un intervento su un tema molto atteso: Neo-oesophagus: Where are we at? L’intervento ha fatto il punto sulla sperimentazione nell’uso di cellule staminali e ingegneria tissutale per la risoluzione di anomalie congenite. De Coppi ha mostrato alcuni incoraggianti risultati nel far rivivere tessuti morti (prelevati da cadaveri), impiantandoli dopo un lungo e complesso trattamento, nella persona con l’anomalia, senza o quasi rischi di rigetto. Buoni risultati si sono ottenuti con la trachea, mentre per quanto riguarda l’esofago la sperimentazione è ancora in atto. Molto interessanti anche i risultati della ricerca sulla possibilità di estrarre cellule staminali anche dal liquido amniotico, che possiede capacità rigenerative pari a quelle dell’embrione.

 

Il clima

Più che positivo. Sia fra le varie associazioni e i suoi rappresentanti, che fra le équipe specialistiche presenti alla Conferenza. Sono state organizzate varie sessioni di confronto (meet the experts) nelle pause lunghe programmate e una sessione di poster di presentazione delle ricerche; anche il Social Program (le attività al di fuori dell’incontro) hanno avuto un’ottima partecipazione. Organizzazione impeccabile!

 

Il tema

Come ho detto in precedenza, il tema dell’incontro è stato centrato in ogni suo aspetto. Le presentazioni hanno spaziato in tutti i campi (sia in specialistica che in generale), si è dato spazio alla ricerca, alle storie dei pazienti (una per giorno) e si sono definiti gli obiettivi comuni da raggiungere per Roma 2019.

 

Le quotes

O più semplicemente “citazioni”. A volte basta una frase per spiegare un intero lavoro, o delle conclusioni che altrimenti risulterebbero molto articolate.

In questo caso i social network aiutano, e l’ashtag #OASyd2016 su Twitter è stato molto utilizzato nei due giorni. Tutte le Associazioni o i singoli hanno cercato di riassumere alcuni concetti espressi dagli esperti, sintetizzando il tutto negli ormai famosi 140 caratteri. Ecco alcune citazioni (Fonti: EAT, OARA, FATE).

 

Transition to adulthood is an absolute must! “A good quality of life and lack of symptoms are NOT equal to a healthy oesophagus”, dr. Sebastian King

 

Recurrence risk of AO : less than 1 % for isolated AO, less than 1% VACTERL ( but in rare cases 25-50%….)

 

Dysmotility is a predictive factor for complicated GERD + gastric & intestinal metaplasia, says Pr Faure

 

“Both pharynx and esophagus need assessment in case of dysphagia”, dr. Nathalie Rommel

 

Parental concern is the largest cause for giving texture not appropriate to age, more than medical cause

 

“From 10% to 70% of AE are related to Polyhydramnios”, Prof. David Mowat

 

Pr Van Der Zee about long gap (10% of OA) – native oesophagus considered as the best option

 

Current survival rate of OA is 95% hence research focuses on morbidity and health- related quality of life issues

 

“Coming together”: the importance of international protocols through collective work

 

Cosa porto “a casa”?

Un bel po’ di certezze. Si è vista nettamente, e lo voglio rimarcare con forza, una linea comune da attuare. Nella maggior parte delle presentazioni si è lasciato intendere che serve una collaborazione di respiro internazionale: per fare un esempio, nella parte finale della presentazione del prof. David van der Zee (Long Gap rimande una sfida difficile per tutti?), chirurgo dell’Ospedale Univeristario di Utrecht (Olanda), si chiede un’indicazione precisa su come individuare i centri di eccellenza a livello mondiale e fra i “futuri sviluppi” si propone di animare una discussione sulla centralizzazione (e quindi l’uso di centri di eccellenza chirurgici specialistici) e una collaborazione internazionale per lo sviluppo di nuove tecniche condivise.

In uno degli ultimi interventi della Conferenza, il professor Frédéric Gottrand (dell’ospedale di Lille, France e presidente dell’INOEA, il Network Internazionale dell’AE) ha parlato dell’importanza dei registri internazionali e della collaborazione nella ricerca per quanto riguarda l’AE.

 

Riporto in Italia tante emozioni. Prima fra tutte quella di essere stato in Australia, nella doppia veste di turista e rappresentante di F.AT.E. Come turista ho visto un mondo totalmente diverso da quello in cui sono abituato a vivere, sia come popolo ma soprattutto come natura (foresta pluviale, koala e canguri). Ma pure in un mondo così diverso (e così lontano!) dalla nostra cara vecchia Italia, ho potuto vedere quanto noi pazienti di AE siamo tutti uguali nelle richieste, nei problemi, nelle gioie e nei dolori.

Sentire le storie di due adulte (una ragazza di 19 anni, una donna di quasi 50 anni) australiane nate con l’AE e conoscerle; capire come, seppur nella diversità di interventi, di storie personali e di mondi, le sensazioni e quello che ci portiamo dentro, noi adulti nati con AE, siano molto simili (varia qualche sfumatura, ma il “vissuto” è lo stesso).

E’ difficile far capire ai tanti amici di F.AT.E. questo sentimento, spero di esserci riuscito!

Porto a casa in Italia anche la gioia dell’annuncio che il 5° Incontro, previsto nel 2019, si terrà a Roma. Questa sarà una grande opportunità per tutti i pazienti italiani e le loro famiglie di mettersi in contatto con il mondo scientifico internazionale e per conoscere tante realtà diverse di associazioni e pazienti.

 

Il messaggio più importante che continuerò a condividere con tutti gli amici italiani è che l’unica via che tutti i grandi esperti indicano per garantire una crescita costante e consapevole della qualità di cure e assistenza sia la condivisione. Condivisione di esperienze, di tecniche, di ricerche, di obiettivi. E questo vale sia per le équipe specialistiche che per le Associazioni.

 

Ed è così che mi immagino Roma 2019, come quegli illustratori del Novecento che provavano a immaginare la vita nel 2000: il consolidamento di un network sull’AE, una linea comune, retta e aperta, maggiori certezze per gli adulti…sembrano pochi tre anni per sviluppare tutto ciò che si è detto e fatto a Sydney. Ma questa sfida non impaurisce di certo le famiglie, i bambini e gli adulti nati con AE, che sanno bene che cosa sia il Tempo e come dare valore a ogni singolo secondo di ogni singola giornata!

 

Marco Parracciani

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